La
democratizzazione è l’unica strategia che potrà sia
stabilizzare la Cina
sia contenerne il potere
Di
Carlo Pelanda (29-12-2005)
Gli scenari
profetizzano la migrazione del centro dell’economia globale
dall’Atlantico al Pacifico. Alla fine degli anni ’50 ci fu una
situazione simile: le previsioni segnalavano che l’URSS avrebbe presto
superato gli Stati Uniti per potenza economica e militare. Lo Standford Research Institute confezionò una serie di scenari
preoccupati che contribuirono non poco a rendere più attivo il
“contenimento” americano del potere sovietico da parte
dell’Amministrazione Kennedy e successive. I più anziani nel think tank occidentalista che questa rubrica frequenta
ricordano ai più giovani tale esempio per suscitare in loro una
riflessione: talvolta uno scenario sbagliato può essere più utile
di uno azzeccato. Il problema è nato dalla
diversità nei risultati che esiste tra la scenaristica
specializzata e quella generica. La seconda, appunto, prevede
l’ineluttabile emergere del potere cinese e le sue conseguenze globali. E
passa sui media e nelle analisi di mercato. La prima, invece, si basa su
scenari a “matrice” e non lineari che tengono conto delle
criticità, ma visibili solo a pochi dato il
loro costo. Da questi emerge che la
Cina cresce senza adeguare il proprio modello interno. Quindi
prima o poi salterà perché la varietà dei problemi di
stabilità sociale e consenso, oltre che di architettura tecnica,
sarà superiore a quella delle soluzioni. Tali analisi stanno modificando
lo scenario elaborato nel 1994 dal Pentagono che individuava nel 2024 il
raggiungimento del primato assoluto mondiale della Cina, gli Usa “minorizzati”. Infatti
è più probabile che il sistema cinese imploda in tre date: 2010,
2014, 2022. E ciò pone il problema: conviene spaventare
l’Occidente sventolando la minaccia cinese o segnalare che questa
è, in realtà, di carta e che comincia ad essere prioritario
costruire gli argini per assorbire le conseguenze depressive di una crisi
interna che già si intravede? I vecchi premono per la prima soluzione
allo scopo di suscitare una reazione utile a ripristinare il potere occidentale
planetario. Ma i giovani scenaristi, intelligentemente, hanno notato che per
l’errore di Clinton nel 1995 – l’inclusione della Cina nel
sistema globale senza condizioni – non si potrà fare
“contenimento” esterno perché il business
occidentale, diversamente dal caso sovietico, è tutto ingaggiato in
Cina. Pertanto la soluzione è quella di attuare una strategia di
democratizzazione come unico modo per combinare i due obiettivi: stabilizzare la Cina ed allo stesso tempo
ridurne l’aggressività e la potenza strategica. Rimarchevole, in
clima natalizio, notare che una volta tanto interesse strategico e morale
coincidano.
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